I primi anni e l’inizio della carriera

Giovanni Corridori nacque il 27 Settembre 1868 a Pomponesco, in provincia di Mantova, da Angelo e Matilde Riva. Allievo della scuola militare di Milano, dal 1881 al 1885, fu successivamente ammesso alla scuola militare di Modena. Al termine del suo percorso formativo fu nominato sottotenente il 6 agosto 1888 ed assegnato al 73° reggimento di fanteria di stanza ad Ivrea. Rimase in tale reparto per qualche anno, venendo promosso al grado di tenente nel 1892. Tre anni dopo, nel febbraio 1895, fu trasferito in Eritrea.

L’Eritrea, da Adua ad Adigrat

Raggiunto il corno d’Africa fu aggregato al 1° battaglione fanteria Africa comandato dal maggiore Rodolfo Valli. Arrivato in colonia egli fu trasferito il 16 gennaio 1896 al 5° battaglione fanteria indigena[1]. Egli non partecipò alla battaglia di Adua, in quanto il suo battaglione era stato mandato da Baratieri a coprire una possibile via di invasione della Colonia Eritrea da Adua[2], riuscendo così a mettersi in salvo a seguito della rovinosa disfatta[1].

Gli sbandati di Adua tornano ad Asmara, Illustrazione Italiana n.17, 26 aprile 1896

Nonostante questo egli si rese realmente protagonista nei successivi scontri. Passato al 1° indigeni, si distinse particolarmente nella serie di eventi che portarono alla liberazione di Adigrat, assediata da ormai quasi due mesi. Le truppe del generale Baldissera, circa 17000 uomini, dopo una serie di scontri armati riuscirono a liberare la guarnigione del forte ed i numerosi feriti che si trovavano all’interno. Durante la marcia, le truppe indigene del colonnello Stevani (1°,2°,5° indigeni, 3° bersaglieri e la batteria indigeni), destinate alla protezione del fianco sinistro della colonna, furono continuamente tormentate dal fuoco delle truppe ribelli del Ras Sebath, coadiuvate dai paesani che insorsero contro gli italiani. Il comandante della colonna decise quindi di attaccare l’abitato di Debra Matzo, nel quale secondo gli informatori si era concentrato il Ras con i suoi armati, in modo tale di assicurare le retrovie della spedizione. Il movimento, iniziato nella mattinata del 7 maggio, fu ostacolato da un ostinato fuoco di fucileria, e quando si riuscì a raggiungere l’abitato lo si ritrovò ormai abbandonato. Vista la difficile situazione Stefani decise di mandare la 2ª compagnia del 1° indigeni in avanscoperta. Corridori quindi si mise a capo della sua centuria ed incominciò a risalire il ciglione posto a sud dell’abitato. Ma proprio nel momento in cui Giovanni ed i suoi ascari giunsero sulla sommità di essa furono accolti da un fuoco intenso di fucileria. Deciso a scacciarli e disperderli egli si lanciò all’assalto. La risolutezza e la disciplina degli ascari, unita alla loro posizione di partenza sopraelevata, assicurarono una rapida vittoria contro i ribelli di Ras Sebath che andarono in rotta, lasciando tra le mani degli italiani 250 capi di bestiame.

Le truppe del colonnello Stevani ingaggiano i combattenti di Ras Sebath, Illustrazione Italiana

Si registrarono solamente due feriti da parte italiana mentre l’altro schieramento ebbe 12 morti e numerosi feriti. Durante la stesura del rapporto riguardante gli eventi appena accaduti, il colonnello Stevani lodò l’operato dei propri ascari e dei propri ufficiali, specialmente quest’ultimi perchè : “[…]ebbero campo di mettere a prova il loro criterio tattico nell’occupare le successive posizioni in questo terreno difficile e che facilmente si appresta alle insidie”. [3] Per la perizia ed il coraggio dimostrato durante la sortita Giovanni fu decorato con la medaglia di bronzo al valore con la seguente motivazione: “Comandante la centuria di estrema avanguardia durante una ricognizione, guido il proprio reparto con intelligenza, calma e risolutezza nell’attacco di un grosso nucleo di ribelli, infliggendo loro gravi perdite ed obbligandoli a ripiegare e ad abbandonare il bestiame che tentavano mettere in salvo. (Debra Matzò), 7 maggio 1896.”

La liberazione di Adigrat, Illustrazione Italiana n. 24, 14 giugno 1896

Proprio durante la sua permanenza in colonia il Corridori ebbe modo di cooperare e conoscere uno dei più promettenti e brillanti ufficiali presenti in Eritrea al tempo, si trattava di Antonio Giuseppe Miani, allora tenente della 3ª compagnia del 5° Battaglione Eritreo “Ameglio”. Tra i due nacque un clima di amicizia e di reciproca stima che perdurò per gli anni a venire. La permanenza in Eritrea si protrasse ancora per qualche anno, fino al suo rimpatrio datato 2 maggio 1898.

La Somalia

Assegnato al Collegio militare di Roma, vi rimase fino al 3 luglio 1902. Trasferito al 73° regg. di fanteria, dopo due anni fu promosso, nella primavera del 1904, al grado capitano ed assegnato al 56° regg. di fanteria, per poi essere comandato all’Istituto Geografico Militare nella primavera del 1906. Nel frattempo in Somalia le tribù dei Bimal e degli Intera, a seguito di numerosi atti di resistenza, incominciarono a rappresentare una seria minaccia al dominio italiano e alla sicurezza economica dell’intera colonia. Perciò si decise di affrontarli per affermare definitivamente il dominio italiano nella regione. Si susseguirono, a partire dal 1907, numerosi scontri armati, di cui il più importante fu quello di Danane. Nei mesi successivi, il nascente Regio Corpo Truppe Coloniali della Somalia venne affidato al maggiore Di Giorgio, uno dei più giovani ufficiali superiori d’Italia e soprattutto uno dei più esperti in campo coloniale, avendo partecipato alla guerra italo-abissina. Egli riformò il suddetto corpo dotandolo della seguente composizione: il Comando, un reparto di zaptiè, cinque compagnie di fanteria indigena e una compagnia di cannonieri indigeni. Giovanni, messo a disposizione del Ministero degli Affari Esteri, si imbarcò con Di Giorgio alla volta della Somalia. Qui trascorse un breve periodo nella qualità di incaricato civile presso la residenza di Mogadiscio prima di ritornare in patria nel settembre dello stesso anno.[4] Ebbe comunque modo di rivedere il tenente Vincenzo Streva, conosciuto durante la campagna d’Eritrea, e di conoscere il tenente d’artiglieria Giuseppe Locurcio.

La Libia: Ettangi e la spedizione Miani

Tornato in patria, soccorse le popolazioni calabresi colpite dal disastroso terremoto che distrusse le città di Messina e Regio Calabria, guadagnandosi una medaglia di bronzo al valore. Passato nuovamente alle dipendenze dell’Istituto Geografico Militare, vi rimase fino al 1912, quando fu destinato nuovamente in colonia, questa volta non si trattava del corno d’Africa ma della Quarta Sponda. Imbarcatosi il 4 ottobre, sbarcò pochi giorni dopo le coste libiche. Giunto ormai ad ostilità concluse con la Sublime Porta, egli si ritrovò presto a combattere con i combattenti libici nei dintorni di Derna tra le file del 57° regg. di fanteria[5]. La sua unità fu coinvolta nella battaglia di Ettangi, ove tre colonne italiane, comandate dal generale Salsa, si mossero verso il campo ribelle di Ettangi con il preciso scopo di distruggerlo. Il 18 giugno si espugnarono gli avamposti nemici. Proprio in questo frangente Giovanni si distinse durante la battaglia grazie al suo coraggio ed alla sua perizia nel guidare i suoi attraverso l’ostico terreno libico. Per il fatto d’arme fu decorato con la medaglia di bronzo al valore con la seguente motivazione: “Aiutante maggiore in 1°, con molta noncuranza del pericolo si porta più volte sulla linea di fuoco per riferire sulla situazione e portare ordini. Con rara calma esegui, in terreno esposto al fuoco nemico, una ricognizione per determinare l’andamento di un sentiero, sul quale doveva avviarsi una colonna. – Ettangi, 18 giugno 1913.”

Il generale Salsa posa a Derna con i suoi alpini, Illustrazione Italiana, n.26, 29 giugno 1913

La battaglia si concluse il giorno dopo con la presa di di Sidi Garbàa e Ettangi. Durante lo stesso anno fu organizzata una spedizione militare mirata all’occupazione del Fezzan, supportata dal governatore della Tripolitania Ottavio Ragni e dal ministro delle colonie Bertolini. Succedutogli Garioni a Ragni, fu scelto come comandante della spedizione un vecchio amico di Giovanni, il tenente colonnello Antonio Giuseppe Miani. Nella composizione del corpo ufficiali della spedizione egli richiese al Ministero della Guerra un insieme di veterani delle campagne coloniali italiane, tra questi vi fu proprio il Corridori, richiesto personalmente dal Miani in virtù delle sue competenze in ambito coloniale ed il suo servizio prestato presso l’Istituto Geografico Militare[5]. Egli fu scelto come residente della futura residenza di Sebha. La richiesta fu accolta e Giovanni lasciò in poco tempo la Cirenaica per trasferirsi a Tripoli. Da lì a poco raggiunse Sirte, tappa intermedia nel viaggio che lo porterà all’oasi di Socna, definita allora come “la porta del Fezzan”. La colonna si era già mossa verso tale località, che era stata già occupata nel mese di luglio dalle truppe del capitano Hercolani Gaddi Antonio, entrando nel piccolo abitato il 27 agosto 1913. Proprio nello stesso giorno, a bordo di un autocarro, Giovanni partì anch’egli verso i suoi commilitoni[6][7]. Il suo viaggio fu documentato in un articolo del Touring club: “invece di seguire la stesso itinerario tenuto dallo colonna, che da Sirt al diresse verso SO, raggiungendo per la strada più breve, che passa per fatima i pozzi di Etlu (Bu Etlo), il Corridori costeggiò il runte da Sirt a Themet Hassan, lasciando a sinistra la zona urquitrinon do cui gli indigeni raccolgono specialmente orzo, e raggiunge quindi, piegando verso SO, in un terreno che ha il carattere di steppa desertico, con acacie e ce. spieli arborescenti fra cui c’era qualche brasco cul donzelle, i pozzi di Ziden, c poi quelli di Ngein, minuscola oasi nella cui prossimità sono tracce di un “oppidum“, di una fortezza romana, e quindi Socna, che sorge a poco meno di 400 metri sul mare, ed è abitata da mercanti che hanno interessi a Sirt, Misurata, Tripoli e nel Fezzan. In Socna, attraverso a un terreno alto circa 6oo metri, costituito prevalentemente da basalti e scorie vulcaniche (Gebel el Soda), e caratterizzato dalla tinta scurissima, raggiunse il deserto di ghiaia e di ciottoli: il serir e quindi l’oasi di Eschida, con un vegetazione relativamente rigogliosa, con acqua dolcissima, che ha però la temperatura di 25° centigradi. Eschida è già nella repressione dello Sciati, dove ci sono alcune altre oasi, fra cui quella di Brach, nelle quali, oltre alla produzione del dattero, si ha una limitata coltivazione di grano, orzo, dura, ortaggi. La distanza in linea retto fra Sirt e Brach. che la parte della oasi del Fezzan, è un superiore di 450 km”.

Il corpo ufficiali della Spedizione Miani posa a Maharuga poco dopo lo scontro del 24 dicembre

Raggiunta Socna, egli si unì alla colonna e la seguì negli eventi che la portarono alla conquista del Fezzan, dalla lunga sosta nell’oasi, all’attraversamento del Gebel el soda, fino ai tre scontri decisivi nel mese di dicembre che decretarono la sconfitta dei guerriglieri libici di Mohammed ben Abdallah. Durante l’occupazione del territorio, nacquero però dei dissidi con il colonnello Miani, ciò spinse Giovanni a chiedere ed ottenere il rimpatrio[8].

La Grande Guerra e la morte

Sbarcato in Italia il 1 marzo 1914, venne comandato, a sua domanda, all’Istituto Geografico Militare, per poi tornare tra le file del 56°. Nel febbraio del 1915, con la Grande Guerra alle porte, Giovanni fu promosso al grado di maggiore e trasferito al 61° regg. di fanteria. Il 24 maggio sconfinò insieme alla sua unità, occupando le alture di Cima Spessa, di Monte Stigolo, Cima dei Visi e la fortezza d’Ampola, senza incontrare una vera resistenza. Nel giugno egli fu nominato cavaliere dell’Ordine della Corona d’Italia. Ad ottobre, durante l’avanzata sulle pendici di Cima Melino, di Monte Giovo e di Cima Palone si incontrò la prima vera resistenza da parte delle truppe austriache. Tra il 18 ed il 19 ottobre le truppe italiane lanciarono un attacco alla Cima Palone. Durante l’assalto Giovanni, alla testa del 3° battaglione, fu ferito due volte dal fuoco di fucileria avversario, ma rifiutò di lasciare la prima linea per farsi medicare. Nel momento in cui si stava espugnando l’ultima trincea egli cadde, ucciso da un colpo avversario. Per il coraggio e l’abnegazione dimostrate durante la battaglia Giovanni fu decorato con la medaglia d’argento al valore con la seguente motivazione: “Sereno, energico, instancabile, guidava il proprio battaglione alla conquista della forte posizione nemica incuorando i suoi dipendenti a seguirlo e dando a tutti mirabile esempio di virtù militare, finché, colpito a morte a pochi passi dalla trincea nemica, lasciò la vita sul campo. Le sue ultime parole furono per incitare all’avanzata e per chiedere conferma della conquista della posizione avversaria, già avvenuta. Cima Palone, 19 ottobre 1915”

Onorificenze:

  • Medaglia di bronzo al valore militare

“Comandante la centuria di estrema avanguardia durante una ricognizione, guido il proprio reparto con intelligenza, calma e risolutezza nell’attacco di un grosso nucleo di ribelli, infliggendo loro gravi perdite ed obbligandoli a ripiegare e ad abbandonare il bestiame che tentavano mettere in salvo. (Debra Matzò), 7 maggio 1896.”

  • Medaglia d’argento al valore militare

“Aiutante maggiore in 1°, con molta noncuranza del pericolo si porta più volte sulla linea di fuoco per riferire sulla situazione e portare ordini. Con rara calma esegui, in nemico, terreno esposto al fuoco nemico, una ricognizione per determinare l’andamento di un sentiero, sul quale doveva avviarsi una colonna. – Eltangi, 18 giugno 1913.”

  • Medaglia d’argento al valore militare

“Sereno, energico, instancabile, guidava il proprio battaglione alla conquista della forte posizione nemica incuorando i suoi dipendenti a seguirlo e dando a tutti mirabile esempio di virtù militare, finché, colpito a morto a pochi passi dalla trincea nemica, lasciò la vita sul campo. Le sue ultime parole furono per incitare all’avanzata e per chiedere conferma della conquista della posizione avversaria, già avvenuta. – Cima Palone, 19 ottobre 1915”

  • Cavaliere dell’Ordine della Corona d’Italia

con decreto luogotenenziale del 5 giugno 1915


Note:

[1] Gli ufficiali di tutte le armi che parteciparono alla battaglia del 1 marzo e sono finora tornati, Corriere della Sera, 8-9 marzi 1896.

[2] Fornari, Guido. Gli italiani nel sud libico: le colonne Miani (1913-1915). Italia, Arti grafiche A. Airoldi, 1941.

[3] Allegato n.8, Pag. 1545-1547, Rivista Militare, 1896, Tomo III.

[4] Gli ufficiali di guarnigione al Benadir, Corriere della Sera, 15 agosto 1908.

[5] Telegramma n. 2203, ASMAI vol.II, posizione 123/1.

[6] Telegramma n. 210, ASMAI vol.II, posizione 123/1.

[7] Rivista mensile del Touring Club Italiano, N.8, agosto 1914, pag. 571-572.

[8] I governi della Libia, Tomo II, documento n. 122, pag 212.

Bibliografia:

  • Annuario militare del Regno d’Italia. Italia, C. Voghera, 1895. Pag. 343
  • Bollati, Ambrogio. Enciclopedia dei nostri combattimenti coloniali: fino al 2 ottobre 1935-XIII. Italia, G. Einaudi, 1936. Pag. 308-310.
  • Bollettino dei carabinieri reali. Italia, C. Voghera, 1896, pag. 576. 
  • Bollettino ufficiale delle nomine, promozioni e destinazioni negli uffiziali dell’esercito italiano e nel personale dell’amministrazione militare. 1896, pag. 594.
  • Bollettino ufficiale delle nomine, promozioni e destinazioni negli uffiziali dell’esercito italiano e nel personale dell’amministrazione militare. 1898, pag. 649.
  • Bollettino ufficiale delle nomine, promozioni e destinazioni negli uffiziali dell’esercito italiano e nel personale dell’amministrazione militare. 1908, pag. 282.
  • Bollettino ufficiale delle nomine, promozioni e destinazioni negli uffiziali dell’esercito italiano e nel personale dell’amministrazione militare. 1915, pag. 211, 1171, 2849.
  • Gazzetta ufficiale del regno d’Italia. Italia, 1896. Pag. 1128.
  • Mantegazza, Vico. Gl’Italiani in Africa: l’assedio di Macallè. Italia, Successori Le Monnier, 1896. Pag. 92
  • Ministero della guerra, Stato maggiore centrale, Ufficio storico, Brigate di fanteria: riassunti storici dei corpi e comandi nella guerra 1915-1918, Roma, Libreria dello Stato, 1924-192, Brigata Sicilia – 61° e 62° Fanteria, pag. 163. 
  • Rivista mensile del Touring Club Italiano, N.8, agosto 1914, pag. 571-572.

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