La rivale della Breda 30: Mitragliatrice Fiat Mod. 1928

Contesto Storico

Alla fine della Grande Guerra il Regio Esercito italiano si ritrovò con un armamentario alquanto variegato che dimostrò i propri limiti durante i tragici e sanguinosi anni del conflitto. Per quanto riguarda le mitragliatrici leggere, l’esercito utilizzo dapprima le Villar Perosa e verso la fine del conflitto adottò la S.I.A. Mod. 1918. Entrambe le armi si dimostrarono sul campo di battaglia impraticabili, a causa dei numerosi inconvenienti che si registrarono durante il loro utilizzo. Questi furono causati spesso da una cattiva progettazione, dalla penosa qualità costruttiva, causata dalla cattiva qualità delle materie prime e l’urgente necessità di disporre in prima linea di tale armi,  ed infine dalla cattiva manutenzione da parte dei reparti. Soprattutto con il Mod. 1918 si verificarono numerosi incidenti, spesso causati da alcuni difetti di alimentazione dell’arma, infatti c’era la remota possibilità che un colpo esplodesse, causando il ferimento del povero servente dell’arma. A causa della cattiva fama, il modello progettato dal col. Abiel Bethel Revelli fu presto relegato a ruoli secondari o peggio destinate a prendere polvere nei magazzini del Regio Esercito. In tutto quattromila S.I.A furono presto dimenticate nei magazzini, ed in seguito assegnate ai battaglioni territoriali, alle divisioni costiere ed alla M.V.S.N. Abbandonate quindi le mitragliatrici di guerra, si passò nuovamente alla progettazione di nuovi modelli, in linea con le altre potenze europee, le quali erano concentrate anch’esse sullo sviluppo di una nuova mitragliatrice leggera. La Breda e la Fiat si misero quindi all’opera, presentando durante gli anni ‘20 una serie di prototipi.

SIA Mod. 1918 in una stampa risalente alla prima guerra mondiale

Fiat Mod. 1926

Quest’ultima presento la Fiat Mod. 26, più leggera e sicura rispetto alla S.I.A, provvista di treppiede e falso calcio. Fu prodotta in un numero limitato di esemplari, circa 2000, e distribuita ai reparti. Alcune di queste furono utilizzate in Tripolitania, Cirenaica e Fezzan durante la riconquista della Libia. Probabilmente qualche esemplare finì anche in Spagna, utilizzate dal CTV o dalle truppe franchiste. Come afferma Fante Sicano nei suoi scritti sulla Rivista di Fanteria: “neppure questa [la mod. 26] sembrò rispondere completamente dal punto di vista tecnico e tattico”. Da queste parole si evince l’insoddisfazione all’interno del Regio Esercito per quanto riguarda le prestazioni complessive dell’arma. Toccò quindi ai progettisti della FIAT rimettersi all’opera per perfezionare l’arma. Dai loro sforzi nacque la Mod. 28. 

Vista laterale di una mitragliatrice Fiat Mod. 1926

Fiat Mod. 1928

La mitragliatrice in questione doveva rispondere a varie esigenze, tra cui l’affidabilità, una relativa semplicità dei componenti, la portabilità dell’arma in quanto è richiesto un peso complessivo tale che consenta il trasporto e l’utilizzo dell’arma da un solo uomo. Infatti le mitragliatrici leggere fino ad allora sviluppate in Italia erano caratterizzate da un peso eccessivo ed una scarsa ergonomia. Revelli provò a ridurre ulteriormente il peso dell’arma rispetto al modello precedente, arrivando ad un peso complessivo di circa 10 kg, che se confrontato al peso delle armi straniere coeve adottate in Europa risulta comunque superiore ad esse. Prodotta in 700 esemplari, fu consegnata ai reparti nel 1929 e fu ampiamente testata sul campo e confrontata con il modello della Breda. Quest’ultimo, denominato Mod. 5 C,  si dimostrò superiore, secondo i giudizi d’allora, in quanto “Quest’ultima incontrò presto il favore della fanteria per la maggiore solidità e semplicità e per il minor numero di pezzi di cui era composta.”  Il modello della Breda, dopo una serie di modifiche fu adottato ufficialmente dal Regio Esercito. La Mod. 30 si dimostrò un arma infima, tendente a continui malfunzionamenti, specialmente per quanto riguarda il sistema di alimentazione. Curioso notare che questi malfunzionamenti erano noti già all’epoca della sua adozione come testimoniano le parole di Fante Sicano: “ […]la mitragliatrice Breda presentò qualche inconveniente, ma offrì in compenso il grande vantaggio di una maggiore semplicità e di un minor numero di pezzi rispetto all’altra mitragliatrice. [La Fiat Mod. 1928]” 

La mitragliatrice della Fiat, rispetto al modello rivale, garantiva secondo i costruttori, prestazioni superiori alla Breda in quanto: “Le interruzioni nel funzionamento automatico sono state contenute in limiti ai quali nessun’arma precedente era mai discesa.” inoltre la durabilità dei componenti fu ampiamente testata: “Un’arma, sottoposta a tiro prolungato, ha eseguito 90.000 colpi di seguito conservando intatti tutti i suoi organi e rimanendo quindi in piena efficienza per il proseguimento del tiro. Le prove speciali eseguite con cartucce a carica forzata e quelle eseguite nelle condizioni più sfavorevoli nelle quali le armi possono trovarsi in guerra, sono state superate con tutta facilità.”  

La Mod. 28 aveva le seguenti caratteristiche: una cadenza di fuoco dai 400 ai 450 colpi al minuto, a corto rinculo di canna, con caricatore di 20 cartucce con uno speciale sistema di rifornimento rapido a pacchetti metallici. Era dotata di un sistema di lubrificazione, composto dal serbatoio e da una pompa, che una volta azionata dall’otturatore, lubrificava canna e proietto (Un serbatoio pieno poteva lubrificare circa 1000 colpi). Un sistema simile fu adottato sulla Breda 30 e sappiamo bene quali effetti disastrosi ebbe sul campo di battaglia. Durante le prove, la canna, a seguito di numerose serie di 200 colpi, alternando il fuoco prolungato a piccole raffiche, per un totale di circa 30.000 colpi sparati, resistette alle sollecitazioni conservando delle buone qualità balistiche. Tralasciando il sistema di lubrificazione, tallone d’Achille delle mitragliatrici leggere italiane, l’arma per operare in condizioni ottimali necessita di una pulizia maniacale delle parti, un lusso in tempo di guerra. Nonostante la mancata adozione da parte del R. Esercito, la mitragliatrice ricomparve montata nella torretta di un prototipo di carro d’assalto dell’Ansaldo. Non è noto quale sia stato l’utilizzo dei rimanenti esemplari, anche se ipotizzo un loro probabile utilizzo durante la guerra civile che dilaniò la penisola italiana dal settembre del 1943 al maggio del ‘45.

Carro d’assalto dell’Ansaldo basato sullo scafo del CV 33. La mitragliatrice Fiat Mod. 28 è visibile nella sua configurazione antiaerea. Fonte: La meccanizzazione dell’esercito italiano dalle origini al 1943. 

Fonti:

  • Ceva, Lucio, Curami, Andrea. La meccanizzazione dell’esercito italiano dalle origini al 1943. Italia, Stato maggiore dell’Esercito, Ufficio storico, 1989.
  • Hauptmann Dr. Dåniker. Zwei leichte Maschinengewehre: Das französische “Fusil mitrailleur 24” und die “Mitragliatrice leggera Fiat Modello 1926“. Militärwissenschaftliche und technische Mitteilungen. Österreich, 1929.
  • Fante, Sicano. La fanteria in regime fascista, Rivista di Fanteria, N.1 del Gennaio 1939
  • Fante, Sicano. Appunti sull’evoluzione delle mitragliatrici. Rassegna di Cultura Militare e Rivista di Fanteria, N.7-8 del Luglio-Agosto 1943;
  • Pinto, Pasquale. Armi a tiro teso ed armi a tiro curvo, Rivista di Fanteria, N.1 del Gennaio 1940
  • Saini Fasanotti, Federica. Libia 1922-1931: le operazioni militari italiane. Italia, Stato maggiore dell’esercito, Ufficio storico, 2012.
  • Stefani, Filippo. Storia della dottrina e degli ordinamenti, vol II, tomo 1. Stato maggiore dell’esercito, Ufficio storico, 1985
  • Mitragliatrice d’assalto FIAT Mod. 1928, Società Anonima Fabbrica Armi Torino
  • https://www.treccani.it/enciclopedia/revelli-beaumont-abiel-bethel_%28Dizionario-Biografico%29/

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