Introduzione
Nell’immaginario collettivo, la Prima guerra d’indipendenza italiana (1848-1849) è spesso percepita come un conflitto “del Nord”: Le 5 giornate di Milano, l’intervento del Regno di Sardegna, le battaglie in Lombardia e nel Veneto, i protagonisti piemontesi, lombardi e veneti occupano la scena principale delle narrazioni nazionali. Ma questa è solo una parte della storia. Anche dal Sud, cioè dal Regno delle Due Sicilie, partirono centinaia di uomini animati da un forte fervore patriottico e desiderio di libertà, pronti a combattere per l’indipendenza e l’unità nazionale.
Volontari napoletani e siciliani, studenti, borghesi, patrioti liberali e veterani dei moti del 1820 risposero all’appello, raggiungendo il fronte settentrionale per unirsi ai combattimenti contro l’Austria. Altri si sollevarono nelle loro terre, specialmente in Sicilia, dando vita a rivoluzioni parallele che, pur con obiettivi diversi, contribuirono a indebolire il potere assoluto e a diffondere l’idea di una patria comune.
La loro partecipazione, spesso dimenticata o ridotta a nota marginale, fu invece significativa: reparti di volontari napoletani combatterono a Curtatone e Montanara accanto agli studenti toscani, distinguendosi per coraggio e spirito di sacrificio. In un’Italia ancora divisa da confini, dialetti e sovrani, essi dimostrarono che il sentimento nazionale non conosceva solo un “nord”, ma pulsava anche nel cuore del Mezzogiorno.

Contesto Storico
Le sollevazioni popolari che contraddistinsero il 1848 in Italia partirono proprio nel Regno delle due Sicilie negli ultimi mesi del 1847. Il popolo, esasperato dal regno assolutistico dei Borbone, incominciò a sollevarsi contro il sovrano, nel tentativo di costringere il Re ad adottare una costituzione. La prima a ribellarsi fu Reggio Calabria, alla quale seguitò Messina. Nonostante queste due rivolte furono represse nel sangue ciò servì a poco, malcoltento popolarecrebbe sempre di più. Di lì a poco, nel gennaio del 1848, fu Palermo ad impugnare le armi. Ferdinando tentò di soffocare nel sangue l’ennesima ribellione ma ogni tentativo fu vano, in quanto la violenza da lui utilizzata incitò ancor di più alla ribellione il popolo in tutto il regno. Il Cilento si sollevò anch’esso e il 27 gennaio 20.000 uomini manifestarono a Napoli il loro discontento urlando a gran voce le proprie aspirazioni costituzionali. Il re ed il governo, vista l’impossibilità di contenere le rivolte, cedettero alle pressioni popolari e si impegnarono a concedere la tanta agognata costituzione, la quale fu redatta da Francesco Paolo Bozelli. Questa fu inizialmente pubblicata nei primi giorni di febbraio e fu ufficialmente adottata con Regio Decreto, dopo un solenne giuramento del Re, il 10 febbraio.
Appena ricevette la notizia della rivoluzione liberale in atto e dell’amnistia, il generale e patriota Guglielmo Pepe, protagonista delle guerre napoleoniche e dei moti del 20-21, tornò in patria dall’esilio. Il generale Pepe fu posto così al comando corpo di spedizione napoletano, il quale, dopo lunghi preparativi, lasciò Napoli alla volta della Toscana con una forza complessiva di 15.000 uomini, composta da volontari e truppe regolari.[3]
I corpi di Volontari
Nella città partenopea il fervore patriottico fu tale che furono numerosi i battaglioni formati da volontari, comuni cittadini appartenenti ad ogni classe sociale che presero le armi rispondendo alla chiamata del Pepe. [4]
Tra questi ricordiamo:
- La Guardia Civica Napoletana, la quale si formò subito dopo la proclamazione della costituzione. Essa di occupò inizialmente di ordini pubblico ma giuntasi la chiamata alle armi del Pepe, un nutrito gruppo dei suoi componenti si unì al corpo di spedizione, lasciando Napoli a bordo del battello a vapore “Virgilio”;
- Il Battaglione Belgioiosio: si formò anch’esso nel 1848 grazie al supporto economico della principessa Belgioioso di Milano, la quale provvide ad equipaggiare una forza complessiva di 275 volontari con 4 ufficiali. L’Unità, posta alle dipendenze del Generale Teodoro Lechi, fu comandata dal capitano Gherardo Milisci, il quale aveva nel suo stato maggiore i tenenti Poerio e Rossaroll;
- I Crociati Napoletani: furono i volontari che partirono verso Nord a combattere contro gli Austriaci i quali si diedero tale appellativo in nome di Papa Pio IX, identificativo allora della lotta per l’indipendenza d’Italia. Tali uomini confluirono nel battaglione Belgioioso, altri nel 10° regg. di fanteria di linea o si arruolarono al servizio del Governo Pontificio per essere incorporati colle truppe del generale Ferrari.
- Il Battaglione CAMPANO (Italia libera): formato prevalentemente da volontari napoletani e conosciuto anche come Civica Mobile della Campania, il drappello lasciò Roma il 17 giugno 1848. Dopo un mese di marcia raggiunse Imola l’8 luglio, sotto il comando del maggiore Antonio Ferrara.
- La Legione Veneto-Napoletana fu un corpo di volontari formato in larga misura da napoletani, organizzato a Venezia il 17 agosto 1848 e forte di 765 uomini, agli ordini del tenente colonnello Lorenzo Oliva. La legione si articolò in due battaglioni di cinque compagnie ciascuno, affidati ai maggiori Francesco Materazzo (I battaglione) e Guglielmo Gont (II battaglione). All’inizio del 1849, per il calo degli effettivi, l’unità fu riunita in un solo battaglione e posta alle dipendenze della 4ª brigata veneta comandata dal colonnello Belluzzi.
- Il battaglione Giardino, il quale si formò a Napoli nel 1848 e lì rimase.

Ma il fenomeno non si limitò solamente alla capitale del regno, in molte città del Sud Italia si formarono autonomamente numerosi gruppi di volontari tra cui ricordiamo:
- Il Battaglione Catanese, anche noto come V battaglione Corso, si formò a Catania, nel 1848 con volontari della Sicilia e dell’Isola di Corsica;
- La Legione Calabrese comandata da Francesco Sprovieri;
- La Legione Sicula, corpo franco reclutato in Sicilia e posto agli ordini del colonnello Giuseppe Lamasa, prese parte alla campagna del 1848 nell’Alta Italia. Giunti a Pistoia il contingente ricevette la bandiera tricolore donatagli dalle signore pistoiesi. Congiuntasi alle forze toscane nella marcia verso il Po, l’unità ne seguì le operazioni fino ai primi di giugno; quindi fu sciolta, al pari della gran parte dei reparti volontari.
Cesare Rossarol

Tra i volontari napoletani, la figura che più si distinse fu Cesare Rossarol. Cresciuto nell’esilio in Grecia, combatté per l’indipendenza ellenica; tornato in patria, congiurò nel 1833 contro il regime borbonico e, condannato a morte, ebbe la pena commutata in quindici anni di ferri. Fu amnistiato nel febbraio 1848 e si arruolò tra i volontari del corpo di spedizione di circa 15.000 uomini che il governo costituzionale di Carlo Troya inviò in Lombardia agli ordini di Guglielmo Pepe. Per i suoi studi militari fu eletto capitano aiutante maggiore e quindi vicecomandante del battaglione; mosse verso il fronte il 13 aprile, venne ferito alla coscia destra a Santa Lucia [4] e ricoverato a Viadana, ricevendo la medaglia di bronzo. Richiamato l’esercito borbonico da Ferdinando II, il 31 luglio 1848 Rosaroll scelse di correre alla difesa di Venezia, assediata dagli austriaci, unendosi al generale Pepe. Cadde il 27 giugno 1849 a Marghera, alla batteria S. Antonio, colpito da una palla di cannone. D’Ayala lo consegnò alla memoria come l’“Argante della Laguna”: una vita intera spesa, fino all’ultimo, per la causa nazionale.

Conclusione
Nel bilancio del 1848-1849, la sconfitta militare non cancellò l’esito politico più profondo: l’idea di nazione e dell’indipendenza dal dominio si consolidò fortemente all’interno dell’immaginario collettivo. Nel Regno delle Due Sicilie, dalle agitazioni dell’inverno 1847 alla Costituzione giurata il 10 febbraio 1848, una parte viva della società civile si fece milizia: guardie civiche, legioni, battaglioni di volontari. Con il corpo di spedizione di Guglielmo Pepe e con reparti sorti tra Napoli, la Sicilia e la Calabria, quelle energie raggiunsero i teatri lombardo-veneti, combatterono accanto a toscani e lombardi a Curtatone e Montanara, sostennero la stagione dei governi provvisori e la resistenza di Venezia.
Il 1848 non consegnò l’unità, ma ne definì il perimetro morale. In quel perimetro entrano i meridionali che marciarono, combatterono e caddero lontano da casa.
Note:
[1]: Il Decimo di Linea nella Guerra della Italiana Indipendenza. Relazione di Michelangelo Viglia, Maggiore del Reggimento medesimo, 1848
[2]: Libri che ho a casa sul Risorgimento
[3]: Pepe, Guglielmo. Memorie del Delle rivoluzioni e delle guerre d’Italia nel 1847, 1848, 1849.
[4]: Cesari, Cesare. Corpi volontari italiani dal 1848 al 1870. Italia, Stabilimento Poligrafico per l’Amministrazione della Guerra, 1921.
[5]: Panteon dei martiri della libertà italiana opera compilata da vari letterati. Italia, a spese degli editori, 1861, pag, 553.
Bibliografia
- Cesari, Cesare. Corpi volontari italiani dal 1848 al 1870. Italia, Stabilimento Poligrafico per l’Amministrazione della Guerra, 1921.
- Il Decimo di Linea nella Guerra della Italiana Indipendenza. Relazione di Michelangelo Viglia, Maggiore del Reggimento medesimo, 1848
- L’Italia militare: rassegna mensile. Italia, Ufficio dell’Italia militare, 1866
- Panteon dei martiri della libertà italiana opera compilata da vari letterati. Italia, a spese degli editori, 1861.
- Pepe, Guglielmo. Memorie del Delle rivoluzioni e delle guerre d’Italia nel 1847, 1848, 1849.
- Venosta, Felice. I Toscani a Curtatone e a Montanara, 1848: notizie storiche. Italia, Carlo Barbini, 1863.
Un pensiero su “I Volontari Napoletani, Siciliani e Calabresi della Prima Guerra d’Indipendenza”