Carlo Mezzacapo: uno dei protagonisti dimenticati del Risorgimento

Nacque a Capua il 9 novembre 1817 e studiò al collegio militare della Nunziatella. Il 1º gennaio 1837 fu nominato alfiere d’artiglieria. Come primo tenente partecipò, nel 1845, al VII Congresso degli scienziati italiani tenutosi a Napoli, uno degli incontri che contribuirono a preparare il movimento liberale in Italia.

La Prima Guerra d’Indipendenza

Nel 1848, concessa a Napoli la Costituzione, un corpo d’armata al comando del generale Guglielmo Pepe fu inviato nell’Alta Italia per combattere contro l’Austria. Mezzacapo partì quindi con il 10° reggimento di fanteria di Linea Napoletano e fu assegnato al quartier generale piemontese a Sommacampagna con l’incarico di coordinare le operazioni tra l’esercito napoletano e quello di Carlo Alberto. Partecipò alla battaglia di Santa Lucia al seguito del re. Successivamente fu inviato incontro a Pepe, in marcia verso Bologna, e lo seguì fino a Venezia. Durante la difesa della città fu dapprima incaricato di organizzare le difese di Chioggia, poi, promosso maggiore, assunse il comando dell’artiglieria di Marghera. Alla caduta del forte diresse la ritirata verso Venezia e si attestò sulla seconda linea difensiva.

Battaglia di Santa Lucia

Dopo la capitolazione, si rifugiò in Piemonte, dove, insieme al fratello Luigi, promosse l’insegnamento militare e fondò la rivista Italia Militare. Pubblicò numerosi lavori, tra cui Studi topografici militari e strategici sull’Italia. Nel 1858 Ferdinando II, tramite un parente ufficiale di alto grado, gli offrì il reintegro nell’esercito borbonico con grado e anzianità riconfermati, proposta che egli rifiutò.

La Seconda Guerra d’Indipendenza e l’Unità d’Italia

Richiamato in servizio da Cavour nel 1859, fu nominato capo di Stato Maggiore delle truppe che il fratello Luigi organizzò in Toscana, e successivamente ricoprì lo stesso incarico sotto il generale Manfredo Fanti, comandante delle forze della Lega dell’Italia Centrale. Promosso colonnello, fu inviato da Fanti a dirigere il ministero della Guerra a Bologna. Con l’annessione dell’Emilia al Regno di Sardegna entrò nello Stato Maggiore dell’esercito e prese parte alla spedizione nelle province napoletane. All’assalto di Mola di Gaeta si distinse e ottenne la Croce di Savoia.

Nel 1862, durante i disordini in Romagna, subì un attentato: il proiettile destinato a lui ferì gravemente il maggiore Trombone. Per l’episodio, il consiglio comunale di Rimini lo proclamò patrizio onorario della città. Nel 1866 ebbe il comando della 9ª Divisione del Corpo d’armata del generale Cialdini.

Gli ultimi anni di vita

Fu nominato senatore del Regno nel 1876 e comandò il Corpo d’armata di Napoli fino al 1886. Durante l’epidemia di colera che colpì la città si ammalò mentre svolgeva servizio, riprendendo poi l’attività al fianco di re Umberto nelle visite ufficiali. Collocato a riposo nel 1896 per raggiunti limiti d’età, ricevette il Collare dell’Annunziata. Negli ultimi anni si distinse come autore di scritti critici, in particolare sulla campagna d’Africa del 1895-1896.

Egli spirò il 26 luglio 1905. Alla notizia della sua morte, il Re volle interpretare i sentimenti dell’Esercito e del Paese, inviando alla vedova questo telegramma:

“Sono molto contristato dalla notizia della morte del generale Mezzacapo, antico patriota, che dedicò la vita con esemplare valore e studio al bene della Nazione e dell’Esercito. L’onorata memoria che egli lascia di sé valga a temperare il di Lei grave cordoglio, che la Regina, al pari di me, divide con sentimento di sincera amicizia.”

Vittorio Emanuele III

La Regina Margherita scrisse invece:

“La forza di sopportare i grandi affetti perduti deriva dal bisogno e dal dovere di vivere nel culto della loro venerata memoria. Vano è parlare di conforto. Resta solo un’alta e pietosa speranza: la rassegnazione. È per questo che con Lei prega e spera la sua affezionatissima”

Margherita

I solenni funerali si tennero a Roma il 28 luglio. Il Re fu rappresentato dal conte di Torino, giunto appositamente da Firenze.


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