contesto storico
A seguito dell’occupazione della Tunisia nell’estate del 1940, gli italiani catturarono quattro autoblinde Laffly S.15 T.O.E. le quali erano assegnate al goum (goumiers) motorizzato della Tunisia. [1]
Questi mezzi restarono a Tripoli per qualche tempo, finché non furono tirati fuori a causa di gravi mancanze di tali equipaggiamenti nel nostro armamentario. Le condizioni dei mezzi erano assai precarie e la manutenzione fu quindi affidata dal 12ª Autoraggruppamento A.S. [2]
Tali autoblinde furono poi utlizzate dal R.E.C.A.M. (Raggruppamento Esplorante Corpo d’ Armata Mobile), come testimoniano alcune fotografie ed un cinegiornale Luce, durante la battaglia della Marmarica svoltasi tra il novembre ed il dicembre 1941[3].

Caratteristiche tecniche e sviluppo
Il veicolo fu progettato nel 1934 e fu sottoposto a vari test l’anno successivo nel teatro Nord Africano. L’impiego previsto era di scorta, sorveglianza e rifornimento di guarigioni isolate. Nel 1937 il ministero della guerra Francese, di concerto con il ministero delle colonie provvidero ad ordinare 45 esemplari, le quali furono consegnate solamente nella prima metà del 1939.
Il mezzo, basato sul telaio del automezzo S15T, presentava una cabina blindata a tre posti, costruita con piastre di acciaio spesse tra i 7 e gli 8 mm. La cabina era dotata di feritoie, due portelli laterali per l’accesso e un parabrezza costituito da due sportelli blindati con feritoie.
Il mezzo era spinto da un motore, posto anteriormente, diesel quadricilindrico Hotchkiss da 2312 cm³, erogante 55 CV a 3200 giri/min. L’autoblinda poteva sviluppare una velocità massima di 60 km/h ed aveva un’autonomia di 1000 km.
Armamento
L’armamento era composto da una mitragliatrice mitragliatrice MAC 1931 Reibel da 7,5 mm, posta in una torretta girevole chiusa. Quando gli italiani decisero di immetterle in servizio decisero di sostituire la mitragliatrice francese con una Breda 38 da 8 mm. Per consentire l’installazione dell’arma fu però necessario tagliare la cupola della torretta. Inoltre in caccia fu montata una mitragliatrice Breda SAFAT da 12.7 m.

Accantonamento
Il mezzo fu utilizzato per qualche tempo, nonostante i numerosi guasti e malfunzionamenti ne limitarono l’impiego, effettivamente sia gli italiani che i francesi costatatorno che il mezzo mal si prestava al torrido clima Nord Africano[4][5]. Grazie alle ricerche di Pignato sappiamo che nella primavera inoltrata del 1942 tutte e quattro le autoblinde furono ritirate dal servizio. Due furono accantonate al Centro Addestramento Carristi perché inutilizzabili, mentre altre due furono accantonate al 20ª parco automobilistico di stanza a Tripoli.[6]
Note:
[1]: Pignato, Nicola. Cappellano, Filippo. Gli autoveicoli da combattimento dell’Esercito Italiano Vol. 2 tomo 2, pag. 642-643.
[2]: Pignato, Nicola. Cappellano, Filippo. Gli autoveicoli da combattimento dell’Esercito Italiano Vol. 2 tomo 2, pag. 642-643.
[3]: Ceva, Lucio. Curami, Andrea. La meccanizzazione dell’esercito fino al 1943, pag. 297.
[4]: Ceva, Lucio. Curami, Andrea. La meccanizzazione dell’esercito fino al 1943, pag. 297.
[5]: Pafi, Falessi, Fiore, Corazzati Italiani 1939-1945, D’Anna Editore, Roma, 1968
[6]: Pignato, Nicola. Cappellano, Filippo. Gli autoveicoli da combattimento dell’Esercito Italiano Vol. 2 tomo 2, pag. 642-643
Bibliografia
- Ceva, Lucio. Curami, Andrea. La meccanizzazione dell’esercito fino al 1943
- Pafi, Falessi, Fiore, Corazzati Italiani 1939-1945, D’Anna Editore, Roma, 1968
- Pignato, Nicola. Cappellano, Filippo. Gli autoveicoli da combattimento dell’Esercito Italiano Vol. 2 tomo 2