Contesto storici

Durante le fasi iniziali della seconda guerra mondiale, il Regio Esercito italiano mancava di un semovente d’artiglieria a tiro indiretto che potesse supportare la fanteria e le colonne corazzate. L’introduzione dei primi semoventi da 75 su scafo M13 ed M14 dimostrò l’utilità di tali veicoli sul campo di battaglia i quali garantivano tempi d’impiego decisamente minori rispetto ai tradizionali pezzi di artiglieria campale.
Il tempo impiegato per mettere in batteria i cannoni campali, specialmente per quanto riguarda quelli di grosso calibro, era troppo elevato rispetto alle necessità operative, soprattutto in un teatro come quello nord africano dove la mobilità e la rapidità d’azione erano fondamentali.
Bisogna anche considerare il fatto che ogni pezzo d’artiglieria necessitava di un veicolo a lui dedicato per il traino.
L’Ansaldo, che produceva il cannone campale Mod. 1935 da 149/40 mm a traino meccanico, ritenne che una versione semovente su scafo cingolato sarebbe risultata meno costosa e di più facile impiego.

Il cannone Ansaldo 149/40 Mod. 1935

Il suddetto pezzo d’artiglieria fu sviluppato dall’Ansaldo nella prima metà degli anni ’30 su richiesta dell’Ispettorato di Artiglieria. Progettato per sostituire i vecchi cannoni da 149 mm in uso dall’esercito italiano, questo modello rappresentava un significativo miglioramento in termini di portata e potenza di fuoco. Il traino del pezzo avveniva in due carichi, uno con il carrello affusto che trasportava l’affusto stesso con code e vomeri ed uno con il carrello cannone, che trasportava la bocca da fuoco e la relativa slitta. Il traino, in particolari condizioni favorevoli ed a bassa velocità, poteva essere fatto anche con un carico unico.

L’eventuale adozione di un semovente comportava dei costi di produzione minori in quanto le materie prime e le ore di lavorazione necessarie per realizzare il cannone ed i due trattori necessari per il traino erano decisamente maggiori se comparate alla produzione di un singolo semovente, soprattutto se si considerano le sempre più critiche condizioni dell’industria bellica italiana.

Lo sviluppo del semovente

Seguendo questa linea di pensiero l’Ansaldo nel 1941 iniziò a studiare su propria iniziativa l’installazione di un cannone da 149/40 con culla, slitta con freno di sparo e ricuperatori e relativo affustino sul retro di uno scafo cingolato speciale derivato da quello del P 40, utilizzando le sospensioni di quest’ultimo ed il gruppo sterzo del carro M15.[1]

Fonte: Archivio Fondazione Ansaldo


Nell’aprile 1942 iniziò la produzione di un prototipo che fu ultimato nell’agosto 1943. Il mezzo effettuò alcune prove di tiro a Genova, le quali diedero ottimi risultati. Il semovente poteva mettere in batteria il cannone in 3 minuti (contro i 17 del pezzo trainato) e dimostrò una buona stabilità di tiro ed una buona mobilità in terreno vario. Nonostante l’Ansaldo assicurasse che poteva produrre 20 semoventi sottraendo altrettante bocche di fuoco dalla linea produttiva, l’ispettorato ritenne opportuno non proseguire oltre a causa della instabilità politico-militare dovuta all’invasione anglo-americana ed i preparativi per l’armistizio.

Fonte: Archivio Fondazione Ansaldo


Sopraggiunto l’8 settembre, pochi giorni dopo le prove di tiro il prototipo fu requisito dai tedeschi, che lo designarono gepanzerte Selbstfahrlette M 43 mit 15 L/42 854(i), segno forse che il mezzo, informalmente, era citato dall’Ansaldo come M.43. Il prototipo fu trasferito per ferrovia a Hillersleben in Germania, dove fu trovato dalle truppe statunitensi e trasferito negli Stati Uniti d’America, all’Aberdeen Proving Ground nella contea di Harford nello stato del Maryland.

Hillersleben, tra i carri ritrovati dagli alleati si può notare il semovente da 149

Note:
[1]: Pignato, Nicola, and Cappellano, Filippo. Gli autoveicoli da combattimento dell’esercito italiano: Dalle origini fino al 1939. Italia, Ufficio storico SME, 2002, vol II, Tomo I, pag. 290.

[2]: Pafi, Falessi, Fiore, Corazzati Italiani 1939-1945, D’Anna Editore, Roma, 1968, pag 211-214.

Bibliografia:

  • Curami, Andrea, Ceva, Lucio. La meccanizzazione dell’esercito italiano dalle origini al 1943 Italia, Stato maggiore dell’Esercito, Ufficio storico, 1989
  • Pafi, Falessi, Fiore, Corazzati Italiani 1939-1945, D’Anna Editore, Roma, 1968
  • Pignato, Nicola, and Cappellano, Filippo. Gli autoveicoli da combattimento dell’esercito italiano: Dalle origini fino al 1939. Italia, Ufficio storico SME, 2002

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