Contesto Storico
Le forze armate del neonato Regno d’Italia iniziarono, all’indomani dell’unificazione, ad attivarsi per uniformare l’armamentario ereditato dagli arsenali preunitari. Esso era composto in massima parte da armi ad avancarica, spesso a canna liscia e dei più disparati calibri. Tralasciamo per ora l’armamentario del Regio Esercito per concentrarci su quello della Regia Marina. Le armi portatili ed il munizionamento in dotazione non erano disponibili in un numero sufficiente per soddisfare i fabbisogni della fanteria di Marina ed il Corpo Reale Equipaggi. Vista la grave mancanza il Ministero della Marina decise nel 1862 di ordinare un certo quantitativo, circa 25.000 esemplari[1], di carabine a canna rigata Enfield del calibro di 14,7 mm. Tale decisione fu motivata dal fatto che gli arsenali nazionali non erano al momento capaci di accettare un’ulteriore commessa in quanto la produzione nazionale era destinata totalmente al Regio Esercito. L’importazione risultò la scelta più ragionevole, soprattutto se si considera la qualità costruttiva e l’affidabilità che garantivano tali armi. Esse furono perciò ordinate alle migliori fabbriche di Birmingham. Le carabine furono adottate proprio nel momento in cui l’evoluzione tecnica delle armi da fuoco subì una forte accelerazione. I fucili ad avancarica, che avevano dominato i campi di battaglia per almeno tre secoli, furono sostituiti progressivamente dai fucili a retrocarica che consentivano di ridurre le operazioni necessarie per operare l’arma e ciò permise di migliorare la celerità di tiro. Il Ministero della Guerra si era presto reso conto dell’importanza di studiare la questione e decise nel 1864 di formare una apposita commissione incaricata di “Studiare ed sperimentare i sistemi d’armi portatili a retrocarica.”
Carabina Albini Mod. 1864

Nello stesso anno, l’ufficiale di marina Augusto Albini, durante la sua permanenza a Londra nella qualità di addetto navale all’ambasciata italiana, ebbe modo di sviluppare una carabina a retrocarica e decise di presentarla al Ministero della Marina. L’arma venne sottoposta all’attento studio del Consiglio d’Istruzione della Nave Scuola Cannonieri. Come vediamo la Regia Marina fu la prima ad interessarsi seriamente su tali sistemi d’arma. Il modello inizialmente proposto dall’Albini consisteva in una carabina a retrocarica, su base Enfield, a cartuccia di carta ed a cappellozzo. Nel caso in cui tale munizionamento non sia disponibile per qualsiasi motivo, l’arma poteva essere caricata convenzionalmente dalla bocca della canna con le munizioni tradizionali dell’epoca. Le prove effettuate dimostrarono una certa affidabilità, una buona qualità costruttiva ed un’apparenza ottima celerità di tiro, soprattutto se confrontata con le carabine Enfield acquistate qualche anno prima. Il Consiglio d’Istruzione ne fu entusiasta e propose al Ministero l’adozione di tale arma. Quest’ultimo accolse la richiesta e provvide ad ordinare 400 carabine per permettere una più ampia sperimentazione. Tali armi furono utilizzate durante la Terza Guerra d’indipendenza, essendo presenti a bordo delle unità della Regia Marina e distribuite ai gabbieri di combattimento, presumibilmente anche durante la battaglia di Lissa[2].

Carabina Albini Mod. 1868
Proprio durante quest’ultima campagna militare tutta Europa constatò la superiorità delle armi a retrocarica, magistralmente adoperate dall’esercito Prussiano. Il Ministero della Marina si mosse per la conversione delle carabine Enfield, ponendo sotto esame i sistemi di conversione ideati fino ad allora. Anche il Regio Esercito si attivò per dotare i propri uomini di tali armi. Nell’agosto del 1866 il Ministero della Guerra nominò una speciale commissione in materia. [3]
Entrambe le commissioni nominate dai ministeri si ritrovarono ad analizzare delle armi che si differenziavano sostanzialmente sul principio costruttivo e quindi anche di funzionamento del proietto:
- Ad innesco separato dalla cartuccia, la quale è di carta. l’accensione fatta per mezzo di messa a posto meccanicamente dalla mano del soldato. Cartuccia di carta
- Ad innesco facente parte integrante della cartuccia, la quale è di carta. I residui della stessa per lo più non vengono estratti dopo lo sparo;
- Ad innesco facente parte integrante della cartuccia, la quale è metallica. È necessaria l’estrazione del bossolo ad ogni sparo. sono composte di rame, ottone o tombak, destinate specialmente a precludere la sfuggita dei gas, condizione essenziale alla quale deve soddisfare un arma a retrocarica.

Dopo le dovute considerazioni del caso, la Commissione speciale nell’autunno del 1866 decise di adottare l’ultima soluzione, ritenuta superiore alle altre per affidabilità ed economicità.[4]
Per quanto riguarda il sistema di conversione dell’arma, si decise che il sistema proposto dovesse mantenere eventualmente l’acciarino, in modo tale di non sostituire o modificare la cassa, evitando perciò di indebolire la stessa e di conseguenza eliminando la necessità di spendere ulteriori fondi per l’acquisto di una nuova cassa. Un altro requisito, non meno importante, era quello di adottare un sistema semplice e con minori superfici ossidabili possibili. Per quanto riguarda i fucili a retrocarica con cartuccia metallica, al momento i sistemi progettati da Snider e da Albini erano i più noti in Europa. Il Ministero della Guerra Belga li confrontò entrambi e decise di adottare il sistema ideato dal progettista italiano per equipaggiare la propria fanteria. La cartuccia adoperata era di fabbricazione belga, ma fondamentalmente si trattava di un derivato della cartuccia tipo Boxer utilizzata nei fucili Snider. Il congegno diede risultati davvero soddisfacenti: “Nel Belgio in detti esperimenti si tirarono con 200 carabine Albini non meno di 21 mila colpi senza aversi che 42 scatti a vuoto, e senza mai osservarsi alcun inconveniente, nè incaglio, sia tirando 300 colpi consecutivi con la stessa arma, sia dopo avere esposto le carabine a due notti d’intemperie, ed anche tuffandole ripetutamente nell’acqua ed imbrattandone con fango il meccanismo”[5]

Nel settembre del 1867 la Commissione della Regia Marina decise di confermare la decisione in merito all’adozione della cartuccia metallica. Furono esaminati gli studi effettuati sui sistemi d’arma presentati fino a quel momento. Fra tutti i modelli dell’Albini e di Salvatore Carcano furono considerati i più congeniali. Perciò si dispose l’effettuazione delle prove di tiro per poter constatare, attraverso una estensiva comparazione, quale dei due sistemi fosse il migliore.

Quattro carabine della Regia Marina trasformate secondo ciascuno dei due modelli furono sperimentate al tiro unitamente alle armi originali: “i tiri vennero effettuati, in parte al cavalletto contro un bersaglio posto alla distanza di 300 metri, per riconoscere la giustezza di tiro, e parte alla spalla contro il bersaglio medesimo onde sperimentare il funzionamento dei congegni.” [6]

La precisione di tiro non soddisfò a pieno la commissione, ma quest’ultima, sicura del fatto che tale imprecisione era dovuta al munizionamento, propose comunque la trasformazione delle armi della Regia Marina secondo il sistema Albini, dopotutto il congegno in sè non mostrò alcun malfunzionamento o pecca durante l’utilizzo. Ciò nonostante la commissione dispose al contempo di continuare con la sperimentazioni sul munizionamento, in modo tale di trovare la cartuccia più adatta. Le prove di tiro ricominciarono quindi nel marzo del 1868: “Si presero N. 4 carabine della Regia Marina trasformate secondo il modello Albini nella Regia fabbrica d’armi di Torino e con questi si tirarono N. 500 colpi per arma e per le distanze di 300 e 500 metri, i tiri venivano effettuati contro bersagli di metri 8 in altezza e 10 in larghezza, le armi piazzate sopra il cavalletto ed i tiri divisi in serie di 25 ciascheduna, ciò allo scopo di farle sparare tutte in uguali condizioni atmosferiche.
Le cartucce usate furono:
- Le Boxer , di composizione metallica con inviluppo di carta e fondello di ferro;
- Le Daw, in ottone saldate lateralmente.
Il peso di ciascuna carica è di grammi 4.50, polvere di fucileria.
Le pallottole, tutte di calibro di millimetri 14,7, dei modelli :
- Boxer (senza anima di legno, non alleggerita) peso 34.70g.
- Boxer (con anima di legno, alleggerita) 33.60 g.
- Della Regia Marina 38.50 g.
- Daw 31.30g.

Durante le prove emerse che le prestazioni del modello della Regia Marina e la Boxer non si differenziavano di molto, perciò si optò per quest’ultima cartuccia solamente perchè era più leggera di 5 grammi rispetto all’altra. Allo stesso tempo si decise che in un futuro, se si fosse riconosciuto un modello di proiettile superiore, si sarebbe optato per l’adozione di tale modello. In seguito all’approvazione della Commissione per le armi a retrocarica il Ministero ordinava la trasformazione delle carabine della Regia Marina secondo il sistema Albini, e proponeva di servirsi provvisoriamente del bozzolo e pallottola Boxer (alleggerita). Si ordinarono quindi 10 carabine dall’Inghilterra e queste furono nuovamente poste sotto esame per verificare la solidità dei lavori di conversione. In seguito agli studi ed agli esperimenti di una Commissione presieduta dal capitano di fregata signor Lovera di Maria, fu adottata una nuova cartuccia d’un sistema proposto dal signor Di Dato, del R. Laboratorio pirotecnico di Torino[7]. È imprecisato il numero di carabine convertite al sistema Albini, ma si ipotizza che la conversione abbia interessato un gran numero di esemplari. Nel 1869 risultano trasformate in armi a retrocarica, secondo il sistema Albini, 10.000 carabine. La lavorazione fu effettuata dalla ditta Glisenti di Brescia. Inoltre il Ministero della Guerra consegnò alla R. Marina 5,600 fucili Enfield, provenienti dagli arsenali dell’ex Granducato di Toscana[8], dello stesso calibro delle carabine ed anch’essi furono trasformati in armi a retrocarica. Tali armi rimasero in servizio fino alla fine degli anni ‘80 del 19° secolo.[9]
Il regalo al Principe di Piemonte
L’arma destò l’interesse del principe Umberto ed essa le fu regalata da parte di tutta la Regia Marina in occasione delle sue nozze. Con la circolare n. 3857 del 15 marzo 1868, il ministro della Marina Riboty aprì una sottoscrizione per poter acquistare l’esemplare da offrire in dono al futuro re d’Italia. [10] La stessa sarebbe stata consegnata da un’apposita delegazione il 7 maggio 1868: “[…]Altra Deputazione in antecedenza, composta del Vice Ammiraglio Serra, del Contrammiraglio Brocchetti, del Direttore Capo Divisione Randaccio e del Capitano di fregata Cottrau, di due Sott’ Uffiziali della Fanteria Marina, e di un Marinaio in nome di tutti i Corpi Civili Militari della R. Marina, aveva offerto al Principe di Piemonte una carabina a retrocarica d’invenzione del Capitano Albini. E di questo novello dono si mostrò pure gratissimo il Principe Reale, trattenendosi con premurosa compiacenza sulle cose della Marina, e stringendo affettuosamente la mano a tutti i Membri di quella Deputazione, compresi i due SottUfficiali ed il semplice Marinaio, lasciando in essi le più gradevoli impressioni. [11] ”
Ed il Regio Esercito?
Anche il Regio Esercito si interessò al sistema Albini ma decise di adottare il sistema proposto da Salvatore Carcano in quanto esso si presentava più congeniale con i calibri dei fucili allora in servizio nell’Arma. [11]
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Note
[1] Tornata del 20 dicembre 1876, Atti parlamentari. Italia, Tip. E. Botta, 1877. Pag. 504.
[2] Castellucci, Ludovico. Cenni sulla carabina della Regia Marina trasformata a retrocarica, Modello 1868, Rivista marittima. Italia, Ministero della marina, 1870. Pag. 1270
[3] Morin, Marco. Dal Carcano al Fal. Editoriale Olimpia, 1974. Pag. 71
[4]”erano le più adattate per l’uso speciale della Marinå come per la loro conservazione a bordo dei R. Legni;” Rivista marittima. Italia, Ministero della marina, 1870. Pag. 1271
[5] Stralcio di relazione della Commissione parlamentare sul progetto di legge presentato dal Ministro della marineria, per la spesa straordinaria per l’armamento del naviglio corazzato e per la trasformazione in armi a retrocarica delle carabine della regia marina. Giornale di artiglieria e genio. Parte 2. C. Voghera, 1868. Pag. 36-37.
[6] Castellucci, Ludovico. Cenni sulla carabina della Regia Marina trasformata a retrocarica, Modello 1868, Rivista marittima. Italia, Ministero della marina, 1870. Pag. 1274
[7] Castellucci, Ludovico. Cenni sulla carabina della Regia Marina trasformata a retrocarica, Modello 1868, Rivista marittima. Italia, Ministero della marina, 1870. Pag. 1289
[8] Morin, Marco. Dal Carcano al Fal. editoriale Olimpia, 1974.
[9] Tornata del 20 dicembre 1876, Atti parlamentari. Italia, Tip. E. Botta, 1877. Pag. 504.
[10] Carabina Albini da offrirsi a S. A. R. il Principe Umberto in occasione delle sue nozze. Giornale militare per la Marina. Italia, tipografia Bencini, 1869. Pag. 135-136.
[11] Galvani, Francesco. Raccolta degli avvenimenti più importanti che segnalarono i primordi della vita politica di S.M. Umberto I, re d’Italia fino al 7 marzo 1878. Italia, Premiato stabilimento di B. Sborgi, 1878. Pag. 93.
[11] Morin, Marco. Dal Carcano al Fal. Pag. 77
Bibliografia
- Atti parlamentari. Italia, Tip. E. Botta, 1877
- Castellucci, Ludovico. Cenni sulla carabina della Regia Marina trasformata a retrocarica, Modello 1868, Rivista marittima. Italia, Ministero della marina, 1870.
- Galvani, Francesco. Raccolta degli avvenimenti più importanti che segnalarono i primordi della vita politica di S.M. Umberto I, re d’Italia fino al 7 marzo 1878. Italia, Premiato stabilimento di B. Sborgi, 1878.
- Istruzioni per la carabina a retrocarica per i corpi della R. Marina (Approvate dal Ministero della Marina). Italia, G. Pellas, 1869.
- Morin, Marco. Dal Carcano al FAL, editoriale Olimpia, 1974.
- Stralcio di relazione della Commissione parlamentare sul progetto di legge presentato dal Ministro della marineria, per la spesa straordinaria per l’armamento del naviglio corazzato e per la trasformazione in armi a retrocarica delle carabine della regia marina. Giornale di artiglieria e genio. Parte 2. C. Voghera, 1868.
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