Sviluppo

La FIAT ed Ansaldo, basandosi sulle rapide innovazioni tecnologiche messe in campo da tutte le nazioni belligeranti, che resero presto obsoleti tutti i mezzi corazzati italiani, sia quelli prodotti in serie che i progetti in fase di valutazione, come il P 40, resero necessario rivedere proprio quest’ultimo per adattarlo ai coevi carri avversari ed alleati. Sostanzialmente il P43 fu concepito come una versione migliorata del P40, ipotizzando un’ispessimento generale del corazzamento, portandolo fino a 100 mm, e un miglioramento del sistema propulsivo. Fu deciso di sostituire l’insoddisfacente motore SPA 342 diesel, a 12 cilindri da 330 CV con uno SPA 242 benzina, a 12 cilindri da 420 CV oppure uno SPA 343 diesel, a 12 cilindri da 460 CV (Carlo Montù parla di un motore a benzina da 480 CV), portando il peso del mezzo a circa 30t. L’armamento previsto era composto da un cannone da 75/34 Mod. 1937 e da una Breda Mod. 38 da 8 mm coassiale. Il mezzo fu ordinato in 150 esemplari, con la consegna del primo prototipo prevista nell’ottobre del ’43, ma l’armistizio interruppe il processo produttivo.

Vista laterale di un modello costruito in legno del P43 in scala 1:10 realizzato nell’estate del 1943

P43 bis

Fu ideata nel 1943 un ulteriore versione del P43, denominata P43 bis, pesantemente influenzato dal coevo Panther e T 34/85. I disegni del mezzo recano la data del 27 aprile 1943. Esso montava, idealmente, un cannone da 90/42, derivato dal cannone antiaereo da 90/53 Mod. 1939. Per quanto riguarda il sistema propulsivo, fu scelto, come il precedente progetto, un motore SPA 343 diesel, a 12 cilindri da 460 CV. La corazzatura fu inclinata notevolmente, probabilmente perché gli italiani, entrando in possesso dei progetti del Panther e di un T34/76 catturato in Russia qualche anno prima, ritennero che la corazza inclinata fosse molto più efficace nel deflettere i colpi avversari.

Progetto risalente al 27 aprile. Fonte: Pignato Nicola, Cappellano Filippo. Gli autoveicoli da combattimento dell’Esercito Italiano.

Considerazioni

Concettualmente progettato per fronteggiare alla pari i carri armati alleati si sarebbe trattato, comunque, di un carro inferiore alle controparti per molti aspetti. Soprattutto per la mancanza di un treno di rotolamento moderno. Infatti le sospensione a balestra, erano adatte solo per i carri dal peso inferiore alle 15-20 tonnellate. Inoltre, mancando le risorse industriali per costruirlo con corazza saldata o a pezzi di fusione, si sarebbe, verosimilmente, ripiegato su una corazza rivettata. Una soluzione obsoleta e pericolosa, che si univa ad un’altra evidente deficienza industriale italiana, ovvero la scarsa qualità degli acciai utilizzati per la corazzatura, spesso costruiti con acciai relativamente dolci. Inoltre fu il primo carro armato italiano ad introdurre una torretta a 3 posti, agevolando così il capocarro che poteva così svolgere pienamente il suo ruolo. Entrambi i modelli rimasero solo allo stato progettuale.

Vista laterale di un modello costruito in legno del P43 bis in scala 1:10. Fonte: Pignato Nicola, Cappellano Filippo. Gli autoveicoli da combattimento dell’Esercito Italiano.

Fonti:

  • Ceva, Lucio, Curami, Andrea. La meccanizzazione dell’esercito italiano dalle origini al 1943. Italia, Stato maggiore dell’Esercito, Ufficio storico, 1989.
  • Montù, Carlo. Storia della artiglieria italiana, Biblioteca di Artiglieria e Genio Roma, 1953.
  • Pignato Nicola, Cappellano Filippo. Gli autoveicoli da combattimento dell’Esercito Italiano.

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