Mitragliatrice SIA Mod. 1938

Introduzione

In questo breve articolo parleremo di uno dei tanti prototipi di mitragliatrici sviluppati nel primo dopoguerra. I numerosi modelli che furono prodotti in questo periodo erano nuovi per concezione e design o ammodernamenti di materiale bellico presente in gran numero nei nostri magazzini. La nostra mitragliatrice infatti proviene da quest’ultima categoria, stiamo parlando della SIA Mod. 1938.

In un articolo precedente abbiamo parlato della mitragliatrice leggera FIAT Mod. 1915  o più comunemente detta Villar Perosa e del suo progettista Abiel Bethel Revelli di Beaumont. Questa mitragliatrice leggera, seppur piena di difetti fu concettualmente rivoluzionaria, dato che usciva dagli schemi di utilizzi soliti della grande guerra, infatti la Villar Perosa si adattava più ad un ruolo offensivo che difensivo. Comunque negli anni successivi alla sua introduzione si pensò presto di progettare un sostituto in grado di colmare le varie mancanze riscontrate. Questi studi portarono sia allo sviluppo dei primi mitra di fabbricazione nazionale sia allo sviluppo di una mitragliatrice leggera, sviluppata di propria iniziativa da Bethel Revelli. 


La SIA Mod. 1918

L’arma fu presentata alla commissione esaminatrice del Regio Esercito nel gennaio del 1918. L’arma dopo attente valutazioni fu rifiutata dalla commissione, la stessa fu leggermente modificata su richiesta degli esaminatori ed in seguito fu presto accettata per la produzione in serie e per la sua adozione nei reparti attivi. La produzione fu affidata alle officine della Società Italiana Aeroplani (SIA), praticamente una controllata della FIAT. Si trattava di una mitragliatrice leggera raffreddata ad aria da peso relativamente leggero per l’epoca di appena 16,3 kg scarica ma completa di sostegno, senza quest’ultimo l’arma pesava 10.7 Kg . Rispetto al primo prototipo presentato al Regio Esercito l’arma si presentava più compatta grazie all’accorciamento della canna, della parte posteriore del treppiede e all’adozione di un impugnatura adeguata al fuoco in posizione distesa. La canna, realizzata in acciaio nichel-cromo, lunga 660 mm e del peso di 4,75 kg, presenta un passo elicoidale di 216 mm ed è raffreddata da un radiatore costituito da 52 rosette circolari in alluminio, compresse da un anello di bloccaggio; il sistema di raffreddamento così composto garantisce una raffica massima di 200 colpi.

Prova di tiro di una SIA Mod. 1918 in una stampa risalente alla prima guerra mondiale

L’arma è alimentata da un caricatore scatolare ricurvo di tipo bifilare e stampato in lamiera d’acciaio. Esso ha una capacità di 50 cartucce calibro 6,5 mm Mannlicher-Carcano e pieno pesa circa 2kg. Lo stesso viene inserito sulla parte superiore del castello. Il sistema d’alimentazione venne aspramente criticato perché particolarmente delicato ed incline ad inceppamenti. La posizione del caricatore fu ampiamente criticata dato che si pensava che rendeva il mitragliere facilmente individuabile. Ma questa è una critica futile rispetto ai problemi di affidabilità di cui l’arma soffriva. Secondo Giuseppe Carpitella, tenente colonnello del Regio Esercito, i principali problemi della mitragliatrice furono causati dalla penosa qualità costruttiva dell’arma e la cattiva manutenzione della stessa da parte dei reparti. Per quanto riguarda la prima affermazione, il tenente colonnello afferma che la cattiva qualità delle materie prime e l’urgente necessità di disporre in prima linea di tale arma causò non pochi problemi. Infatti furono numerosi gli incidenti causati da alcuni difetti di alimentazione dell’arma, infatti c’era la remota possibilità che un colpo esplodesse, causando il ferimento del povero servente dell’arma. Piccola curiosità, quest’arma fu inoltre montata sui nostri Fiat 3000 in un complesso binato. Per evitare di danneggiare le due mitragliatrici le norme d’uso ne vietavano l’uso simultaneo. L’ordine era di sparare solo con un’arma, e di  utilizzare l’altra solamente nel caso di inceppamento della prima. Tornando a noi, Carpitella afferma anche che ci furono alcuni reparti in cui tali incidenti non si verificarono, soprattutto grazie al rispetto delle direttive date sull’uso e la manutenzione dell’arma. Nonostante questo la mitragliatrice della SIA, a causa della cattiva fama, fu presto relegata a ruoli secondari o peggio destinata a prendere polvere nei magazzini del Regio Esercito. In tutto quattromila SIA furono presto dimenticate nei magazzini, ed in seguito assegnate ai battaglioni territoriali, alle divisioni costiere ed alla M.V.S.N.


La nuova mitragliatrice

Negli anni furono molti i tentativi di miglioramento e aggiornamento dell’arma, ma nessuno di questi riuscì nell’intento. Nel 1936 ci provò la Società Anonima Revelli Manifattura Armiguerra, supportata dal comando di corpo di Stato Maggiore. L’arma fu estensivamente studiata e provata nel centro esperienze di fanteria di Furbara. L’arma fu ufficialmente denominata SIA Mod. 1938.

L’unica foto superstite della SIA Mod. 1938

Ma quali furono i cambiamenti che la contraddistinguono dal suo predecessore? Innanzitutto l’arma risulta più compatta e di più facile impiego, grazie all’accorciamento della canna ed all’adozione di un calcio simile a quello della Breda 30. Parlando della canna, non solo fu accorciata, ma fu eliminato anche il problema dello scoppio di eventuali proiettili fuori dalla canna. Inoltre la stessa può essere rimossa e sostituita in tempi rapidi. Il rateo di fuoco fu ridotto dai 750 colpi al 1’ a 400, in modo tale da aumentare la controllabilità dell’arma e di diminuirne l’usura. L’arma poteva sparare ora cartucce non lubrificate, ma fu comunque introdotto un sistema lubrificante definito “semiautomatico”. Composto da una scatola e da una pompa posti dietro al caricatore e sopra al castello, consentiva di lubrificare, ad ogni caricamento dell’arma, il tallone dell’otturatore e la spalletta del castello. Questo sistema era simile a quello adottato nella Breda 30 e sappiamo quali furono gli effetti che causò, sicuramente catastrofici. L’otturatore fu completamente ridisegnato per consentire il rallentamento del ritmo di fuoco e la scomparsa dello “scoppio del proiettile”. Con le nuove aggiunte l’arma ora pesava carica e completa di sostegno circa 18 kg.

Non sono riuscito però a trovare nessuna informazione riguardante il tuo utilizzo operativo dell’arma, né quanti esemplari di Mod. 1918 furono convertiti in Mod. 1938. Deduco che ne furono convertite un centinaio di esemplari per effettuare le valutazioni a Furbara e che con lo scoppiare del secondo conflitto mondiale il Regio Esercito perse interesse nella conversione, dato che le armi presenti in magazzino furono utilizzate per la difesa territoriale del nostro Paese.


Fonti

  • Ten. Col. Giuseppe, Carpitella. – L’utilizzazione della mitragliatrice SIA Mod. 1918 – Rivista di Fanteria, N.3, Marzo 1938.


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