Introduzione

Il secondo conflitto mondiale vide il suolo italiano teatro di uno dei più sanguinosi e difficili scenari del conflitto. L’integrità territoriale italiana fu minacciata già da un incursione navale francese su Genova, avvenuta il 14 giugno 1940, a pochi giorni dell’entrata in guerra del nostro paese. Anche dall’aria il nostro territorio fu duramente colpito da numerosi bombardamenti aerei, quest’ultimi concentrati sulle nostre industrie e installazioni costiere. Dato che parlavamo di Genova, la città fu colpita nella notte dell’11 giugno aerei britannici sganciarono 5 tonnellate di bombe su Genova e lo stesso accadde la notte del 13, stavolta da parte di aerei francesi. Il nostro paese, con migliaia di chilometri di costa, si presentava vulnerabile ad eventuali incursioni nemiche, considerando anche di avere a fianco la Francia ed a sud-est i possedimenti britannici di Malta e d’Egitto. Già dal 1935 l’Italia si stava preparando alla costruzione di un sistema difensivo a difesa delle principali città costiere. Città come Venezia, Livorno, Palermo, Monfalcone e, appunto, Genova furono dotate di batterie costiere e pontoni armati per difendersi da eventuali incursioni navali nemiche.

A partire dal 1941, allo scopo di difendere le nostre coste e dei nostri porti, furono costituite Grandi Unità costiere comprendenti Reggimenti di fanteria costieri e Raggruppamenti di Artiglieria. Il loro scopo era quello di difendere le nostre coste da un’eventuale invasione alleata o da piccole incursioni. In tutto furono costituite 17 Brigate costiere, ognuna assegnata ad un settore costiero di brigata. La formazioni di tali reparti fu graduale, la mobilitazione di tutti reparti, cominciata il 01/03/1941 fu terminata solamente il 17/10/1941.

Le brigate furono pochi giorni dopo smobilizzate, per essere incorporate nelle nuove “Divisioni Costiere” . Prima dell’armistizio di Cassibile ne furono costituite 23. Le prime divisioni costiere furono mobilitate tra il 15/11/1941 ed il 25/11/1941. 

Le divisioni ebbero una numerazione tra 200 e 230. La mostreggiatura di queste grandi unità era composta da un rettangolo contenente un triangolo isoscele. 

Le divisioni inquadravano sostanzialmente 50 battaglioni territoriali, una ottantina di battaglioni di CC NN ed una trentina di raggruppamenti di Artiglieria Costiera. In genere non c’è nessun nesso numerico tra divisione e reggimenti assegnati ne standardizzazione di sorta nelle dotazioni. In genere, le divisioni costiere erano scarsamente armate, equipaggiate principalmente con rimanenze del primo conflitto mondiale. Per esempio è comune trovare foto che ritraggono i nostri soldati appartenenti a queste unità dotati di elmetto Adrian Mod. 15 o 16 o più raramente con i moderni M31 o M33. Più raro invece l’utilizzo di elmetti francesi Mod. 1928 e modelli greci di preda bellica. Le divise in dotazione erano un misto di vecchie Mod. 1933 e di più recenti Mod. 1940. L’armamento leggero è composto da fucile Mod. 1891 con annessa baionetta e da alcune mitragliere Breda 37 da 8 mm, Breda 30 da 6,5 mm o da altro armamentario di preda bellica.

L’organizzazione di una divisione costiera

In termini generali le divisioni costiere comprendevano una ridotta aliquota di servizi divisionali, da 2 a 4 Reggimenti di Fanteria Costiera (composti da un numero variabile di Battaglioni) ed un Raggruppamento di Artiglieria Costiera (composto da un numero variabile di Gruppi.

Il Q.G. divisionale sarebbe dovuto essere al 12/2/42 su:

  • 2 ufficiali superiori;
  • 1 capo di stato maggiore ;
  • un sezione operazioni su 7 ufficiali;
  • 2 addetti al personale;
  • un gruppo comando su 43 ufficiali e soldati con una stazione R.T
  •  12 carabinieri per funzioni di polizia militare;
  •  , 2 auto, una camionetta e due moto. 
  • La compagnia genio divisionale mista  avrebbe dovuto avere 21 uomini, 1 moto, 1 bicicletta 2 camionette, per la sezione comando. In genere, a causa di una mancanza di mezzi motorizzati era disponibile soltanto una o più  biciclette;
  • Infine abbiamo 2 o più plotoni misti su comando plotone e 3 squadre di 14 soldati l’una oltre ad una squadra mista trasmissioni su 34 uomini, 2 stazioni radio campali. 

Variabile ed in genere tendente all’inesistenza il parco mezzi e trasporti, che nella ipotesi migliore prevedeva un parco “rinforzato” su 59 uomini, 1 auto, 30 camionette, 4 ambulanze, 4 camion cisterna e tre moto. 

Aleatoria come il resto, l’organizzazione delle batterie d’artiglieria assegnate alla divisione, che, fatto “tipico” il gruppo misto di artiglieria costiera, avrebbe previsto: 

  • Un gruppo comando su 23 uomini e 2 mg pesanti;
  • una batteria pesante su 112 uomini, 1 pezzo da 305/17 o 2 da 194/29; 
  • una batteria media su 112 uomini e 2 pezzi da 120, 149 o 152 oppure 4 da 105/28;
  • una batteria leggera sempre con 112 uomini e 4 pezzi da 100/17 o 4 pezzi da 75 mm. 

Spesso venivano aggregate “unità anti-paracadutisti” su 2 squadre fanteria ognuna con 1 sergente ed 11 uomini con 1 bicicletta per squadra come mezzo.

Le divisioni costiere furono le prime unità che gli Anglo americani affrontarono una volta sbarcati in Sicilia. I nostri, male armati e schiacciati da forze preponderanti combatterono con estremo valore. Nell’isola al momento dello sbarco vi erano le seguenti divisioni costiere:

  • La 202ª  posta a presidio di una fascia di costa di 100 km tra Mazara del Vallo e Sciacca;
  • La 206ª   posta a presidio di una fascia di 130 km Siracusa a Punta delle Formiche e a Punta Braccetto,
  • La 207ª posta a presidio di una fascia di costa di 100 km tra Licata e Sciacca.
  • La 208ª posta a difesa del settore fra Palermo e Trapani;
  • La 213ª posta a difesa della costa orientale, schierandosi ad Agnone, a nord di Augusta, a Moletti, sud della Piazza Marittima di Messina, lungo una fascia di circa 100 chilometri, comprendente il margine est della pianura di Catania.
Membri della 206ª divisione, di stazza in Sicilia

Impiego operativo

Le divisioni costiere furono presto impegnate a respingere le forze alleate:

  • I reparti della 202ª Divisione, durante l’invasione alleata,  vengono sottoposti ad intense azioni di bombardamento aeronavale, ininterrottamente dal 10 al 16 luglio. Dopo questa prima fase viene investita direttamente da forze americane provenienti da sud-est. La resistenza messa in atto è però negativamente influenzata dall’andamento delle operazioni nelle restanti zone dell’isola. La Divisione è già praticamente accerchiata in quanto Altre forze nemiche provenienti da Sciacca hanno raggiunto Alcamo e Partinico. La resistenza della Divisione ha breve durata e tra il 23 e il 24 luglio è costretta a cedere alla schiacciante superiorità avversaria. 
  • Invece i reparti della 206ª divisione, dopo violentissimi bombardamenti aeronavali, subirono in pieno e per primi l’urto della forza d’invasione nemica tanto che, fin dalla notte del 10 luglio 1943, i costieri della 206a ingaggiarono gli Alleati sulle spiagge di Avola, Castelluzzo e a Cassibile. Nonostante la schiacciante superiorità nemica la divisione riuscì a mantenere il controllo delle zone interne della penisola di Pachino nonché a neutralizzare nutriti gruppi di paracadutisti avio sbarcati tra Augusta e Siracusa, a nord di Pachino e intorno a Noto. La reazione dei pezzi del 44° Artiglieria da PC fu violenta sia contro i mezzi anfibi sia contro le unità già sbarcate e in movimento verso i capisaldi della Divisione. Alcune aliquote, coi pochi mezzi motorizzati a disposizione, fecero massa intorno a Torre Cuba e Villa Noto contrattaccando in direzione di Capo Marza combattendo furiosamente attorno e dentro al caposaldo di Villa Petrosa. In breve la superiorità britannica divenne insostenibile. Il giorno 11 luglio 1943 la resistenza sulla costa andò progressivamente spegnendosi, frazionandosi in combattimenti isolati mentre l’artiglieria, nell’interno, cercava disperatamente di rallentare la progressione nemica. Alla sera l’intera penisola di Pachino risulta in mano nemica, mentre sporadiche resistenze si registravano ancora a Pozzallo, Sanpieri, Donnalucata e Modica. All’alba del 12 luglio 1943 reparti nemici circondano i resti della 206a annientando le ultime resistenze. La Divisione è sciolta in pari data, il personale non catturato si sbanda. Le perdite umane in morti e feriti sono ingenti, moltissimi i prigionieri.
  • I reparti italiani della 207ª divisione opposero una strenua resistenza. Fin dal mattino del 10 il generale Guzzoni provvide ad inviare rinforzi dalla Riserva d’Armata alla 207ª Divisione, come il 10º Raggruppamento semoventi M.41 da 90/53 che, insieme al 177º ed al 10º Reggimento bersaglieri T.M., arrivò a Licata in nottata ed entrò in azione l’11 luglio. I rinforzi stessi sono stati però duramente ostacolati dall’aviazione avversaria che causò perdite ingenti. Le truppe meccanizzate nemiche tentano uno sfondamento nel settora di Favarotta, ma sono prontamente respinte dai nostri pezzi da 90, che distrussero numerosi carri armati e autoblindo. Per numerose ore Favarotta vede numerosi capovolgimento di fronte a causa dei numerosi contrattacchi da entrambe le parti. Nonostante il valore delle nostre, le soverchianti truppe anglo-americane costringono i nostri a ritirarsi. Nello stesso giorni elementi della divisione riescono a cacciare i nemici dall’abitato di Palme di Montechiaro, per poi essere ricacciati indietro a causa degli insistenti contrattacchi nemici. La resistenza italiana opposta, oltre che dalla 207ª del Gen. Ottorino Schreiber, in collaborazione con la 206ª Divisione Costiera del Gen. Achille d’Havet e dalla XVIII Brigata costiera del Gen. Orazio Mariscalco, fu tanto ostinata che per due giorni gli americani non poterono completare lo sbarco e rischiarono anzi di essere ricacciati in mare. La Medaglia d’Oro al VM onora comunque la memoria di due giovani ufficiali di complemento della Divisione: il Sottotenente Luigi Adorno e il parigrado Vincenzo Barone, caduti durante i combattimenti del 10 luglio.
  • La 208ª divisione, a seguito dello sbarco del 21 luglio da parte degli alleati, attaccata da soverchianti forze statunitensi provenienti da sud-est, dopo vivace resistenza a fronte rovesciato, nella quale si distinguono il 134° Gr. Art. da 75/27 e la 3a Btr. del 215° Gr. Art. da 100/22, viene sopraffatta. Il generale Marciani, comandante titolare della divisione, fu preso prigioniero mentre teneva rapporto nel Palazzo Reale di Palermo, colto di sorpresa da una irruzione di camionette americane che erano arrivate indisturbate fino al centro della città.
  • Nei primi giorni dell’invasione, dal 10 al 13 luglio, i reparti della 213ª Divisione vengono sottoposti ad intensi bombardamente aerei e navali e solo la notte dal 13 al 14 vengono coinvolti direttamente nella lotta. Robusti nuclei di paracadutisti lanciati nell’interno, a cavaliere del fiume Simeto, e uno sbarco riuscito nella zona di Agnone, mettono subito a dura prova le difese della Divisione. La reazione delle sue unità però è immediata e in Agnone riesce ad annullare i progressi conseguiti dal nemico. Accaniti combattimenti si svolgono contemporaneamente attorno al ponte di Primosole, già occupato dal nemico e lungo il fiume Simeto. La manovra della Divisione il 15 consegue positivi risultati perchè consente di ri-occupare, con un audace colpo di mano, il ponte di Primosole e di ricacciare i paracadutisti verso Lentini. Ma le perdite della divisione non possono essere rimpiazzate mentre la pressione nemica viene rinnovata da unità fresche per cui, nel pomeriggio del 15, viene disciolta.

Altre divisione Costiere degne di nota sono

  • La 209ª divisione, assegnata alla difesa costiera della Puglia tra Foggia e Brindisi, questa unità si battè contro i tedeschi all’armistizio, per poi essere sciolta dopo la resa nel tardo settembre 43 .
  • 222ª divisione, posta a difesa del Golfo di Salerno: su 74 regg. costiero, 89 regg. costiero, 2 battaglioni mitraglieri di posizione, un battaglione ridotto di artiglieria da posizione; il gen. comandante Ferrante Vincenzo Gonzaga venne ucciso dai tedeschi quando rifiutò di arrendersi l’8 settembre, Non si sa se a sparare fu Udo von Alvensleben direttamente con la pistola o uno dei suoi che lo seguiva. L’unità si sbandò poco dopo.

Le divisioni costiere dimostrarono sia all’alleato tedesco, sia al nemico anglo-americano il caos che regnava nei nostri alti comandi. Le unità non seppero coordinarsi in alcun modo, sia a causa di una mancanza di infrastrutture, sia grazie alla scarsa volontà di alcuni ufficiali superiori. Lo stesso Gen. Ottorino Schreiber nel suo rapporto sui fatti di Licata esprime i suoi dubbi sulle scelte fatte da suoi pari grado che decisero di ritirarsi invece di supportare le truppe impegnate negli scontri. I nostri soldati, mal equipaggiati e motivati seppero resistere eroicamente. Lo sfaldamento di queste grande unità non va di certo cercato nel loro morale basso, ma bensì nelle perdite pesantissime che subirono nei primi giorni dell’invasione e nella mancanza di punti di riferimento e di ordini chiari.

Sitografia

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