Incrociatore torpediniere Agodart

L’incrociatore Agodart prende il nome da una famosa città eritrea, situata a 160 km a ovest di Asmara, luogo di diversi scontri tra le truppe coloniali italiane e gli eritrei, durante la guerra mahdista. Essa rappresentò la prima decisiva vittoria fino ad allora vinta dagli europei contro i rivoluzionari del Sudan.

La costruzione della nave iniziò nel 1897 nei cantieri di Castellammare di Stabia su progetto del generale del Genio Navale Nabor Soliani. Fu varato nell’ottobre del 1899. L’unità aveva uno scafo in acciaio lungo 86,70 metri. Il sistema propulsivo era composto da 8 caldaie Blechynden, 2 motrici alternative a vapore che generavano una potenza pari a 8129 CV. L’armamento principale era composto da 12 cannoni da 76/40 e da 2 tubi lanciasiluri da 450 mm.

L’incrociatore si distingueva dal gemello Coatit per la maggiore altezza dei fumaioli. Inoltre originariamente aveva due alberi, ma, in seguito ne venne asportato uno. Il principale problema dell’unità consisteva nella propria modesta velocità rispetto a quella ottimale per gli usi per cui era stato pensato (costieri, di ricognizione e di collegamento).

Comunque l’unità fu completata nel 1900. Nel primo decennio del secolo l’unità viaggiò spesso in Mediterraneo. Nel settembre 1902 l’Agordat raggiunse Costantinopoli, dove poi tornò nel 1907, mentre il 14 aprile 1903 fu ad Algeri. Nel 1911 la nave si spinse anche nel Mar Nero, fino a Sebastopoli.

A queste missioni se ne era anche alternata una oceanica: nel 1903, infatti, la nave aveva partecipato al blocco navale anglo-italo-tedesco del Venezuela, che fu l’ultimo ruggito europeo in America.

Il viaggio in Crimea

Il 20 maggio 1911 l’Agordat, al comando del capitano di vascello Carlo Albamonte Siciliano, venne inviato in Crimea per riportare in Italia i resti del generale Alessandro La Marmora, fondatore dei bersaglieri, morto a Balaklava di colera nel 1855. L’iniziativa, lanciata dal nazionalista Michele Pericle Negrotto, fu appoggiata fortemente da una parte della popolazione e delle forze armate italiane. I resti del generale, imbarcati nell’Argodat, attraversarono così il Mar Nero ed il Mar Mediterraneo ed arrivarono a Genova il 14 giugno. La salma fu accolta da una folla gremita e festante. Le ceneri del defunto furono tumulate a Biella, secondo la volontà degli eredi. La cittadina accolse il feretro con la stessa passione dei genovesi, sventolando al passaggio della salma centinaia di bandiere tricolore, su invito del Sindaco

Le salme nei cofani con corone d’argento, doni della Russia, a poppa dell’Agordat.

La guerra italo-turca

Nel biennio 1911-1912 la nave partecipò alle operazioni belliche della guerra italo-turca, bersagliando con i suoi pezzi le postazioni turche di Derna e Bengasi, distruggendo così le installazioni radio nemiche. Colpì, insieme agli incrociatori corazzati Amalfi e Pisa ed alle corazzate Vittorio EmanueleNapoli e Roma, il porto e la cittadina di Tobruk, facilitando così la resa e la successiva occupazione della piazzaforte. Sempre con tale formazione riprese il largo per Derna, scortando un numero considerevole di trasporti, destinati all’occupazione della città. Arrivati nelle acque della piccola cittadina libica il 15 ottobre, richiesero la resa alla piccola guarnigione turca che rifiuto prontamente. Per affievolire lo spirito combattente degli avversari fu deciso di bombardare le caserme e le fortificazioni poste a difesa della città. Il compito fu svolto dai pezzi dell’incrociatore Pisa. Terminato il bombardamento, fu inviata una scialuppa con al suo interno alcuni parlamentari per chiedere nuovamente la resa. Nel tragitto lunga la costa la piccola imbarcazione fu oggetto di fuoco concentrato di fucileria che la costrinse a far marcia indietro. Per facilitare lo sbarco fu quindi deciso di bombardare la città, tutta la formazione, compreso l’Agordat, aprì il fuoco, radendo al suolo la maggior parte degli edifici. Alle 18 un drappello di 1500 soldati prese possesso di Derna, o di quello che ne restava.

Il 16 gennaio 1912 l’Agordat intercettò il piroscafo francese Chartage, in navigazione da Marsiglia a Tunisi, e lo ispezionò, trovando un aereo destinato alle truppe ottomane (era infatti stata segnalata la presenza dell’aereo e del relativo pilota a bordo del piroscafo). In seguito al rifiuto, da parte del comandante del Chartage, di consegnare il velivolo, l’incrociatore dirottò la nave francese a Cagliari, da dove poi poté ripartire quattro giorni più tardi, dopo che il governo francese ebbe assicurato che l’aereo non sarebbe stato consegnato alla Turchia. Il 18 gennaio l’Agordat fermò e dirottò a Cagliari un altro piroscafo francese, il Manouba, che aveva a bordo un gruppo di 29 turchi che affermavano di essere medici ed infermieri della Mezzaluna Rossa turca: tuttavia una segnalazione riferiva che si trattava di una copertura per condurre in Tunisia ufficiali turchi che, provvisti di una notevole somma di denaro, avrebbero organizzato il contrabbando in favore della Turchia. Dato che solo 11 dei 29 ottomani risultarono identificabili come appartenenti alla Mezzaluna Rossa, la nave fu lasciata partire due giorni dopo solo previo lo sbarco dei passeggeri turchi. La vicenda del Chartage e del Manouba rischiò di scatenare un incidente diplomatico tra Italia e Francia.

Il 9 aprile 1912 l’Agordat, insieme all’incrociatore torpediniere Iride, alle vecchie corazzate Re UmbertoSicilia e Sardegna e ad un gruppo di siluranti, appoggiò lo sbarco e l’occupazione di Macabez (costa libica, al confine con la Tunisia), centro di contrabbando per le truppe ottomane.

Nella primavera del 1912 l’incrociatore operò nell’Egeo, prendendo parte all’occupazione del Dodecaneso.

Nel gennaio 1913, diversi mesi dopo la conclusione del conflitto, l’Agordat fu inviato a Smirne, dove rimase sino a maggio in qualità di stazionario. Dal maggio al 31 ottobre 1913 fu in Cirenaica.

Il 4 giugno 1914 l’Agordat venne riclassificato come esploratore. Durante l’estate di quell’anno la nave fu impiegata lungo le coste dell’Albania, dove le forze italiane avevano stabilito alcuni presidi.

Alla data dell’ingresso dell’Italia nella prima guerra mondiale l’Agordat aveva base a Venezia, al comando del capitano di fregata Alfredo Acton. Lo stesso 24 maggio 1915 l’Agordat, insieme alle torpediniere Spica, Sirio, Saffo, Serpente e Scorpione, prese il mare per una prima missione di pattugliamento e blocco del Canale d’Otranto, tra Palascia e Saseno. Nel corso del conflitto l’esploratore operò in Mediterraneo, adibito principalmente a ruoli di nave scorta. Il 24 novembre 1915 fu assegnato alla squadra anglo-francese. Il 25 febbraio 1916 l’Agordat e l’esploratore Libia, inviati a Durazzo, rallentarono con il tiro delle proprie artiglierie l’avanzata delle truppe austro-ungariche verso la città albanese, da dove stava venendo ultimata l’evacuazione delle truppe serbe e del presidio italiano. Il 26 febbraio la nave (insieme al Libia, agli incrociatori ausiliari Città di Catania, Città di Siracusa e Città di Sassari ed all’anziano ariete torpediniere Puglia), mantenendosi alla fonda, bombardò anche le postazioni avversarie a Capo Bianco, Rasbul, quota 200, nonché le alture dei dintorni, la diga e la strada per Tirana, sempre nell’ambito delle operazioni di evacuazione di Durazzo. Il 6 aprile 1916 l’unità prese base a Taranto, mentre il 22 ottobre 1917 fu trasferita a La Spezia. Terminata la guerra, l’esploratore prese parte all’occupazione delle coste turche sul Mar Nero.

Nel 1921 il vecchio Agordat venne riclassificato cannoniera e sottoposto a lavori di modifica che lo portarono ad avere un armamento composto da 2 cannoni da 120/40 mm ed 8 da 76/40 mm. Venne eliminato uno dei due alberi. Ormai vecchia e del tutto superata, la nave fu radiata nel 1923 ed avviata alla demolizione.

Fonti:

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